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Dal sociale al personale: il tempo del Coronavirus

Con l’arrivo di questa improvvisa emergenza sanitaria, si è diffusa un’epidemia che ha imposto misure drastiche di contenimento che, a loro volta, hanno causato un cambiamento radicale delle abitudini di vita, fino a portare le persone a trovarsi in condizioni anche diametralmente opposte alle solite.
Così il tempo è diventato uno dei temi principali del momento: cosa faccio tutto il giorno? come riorganizzo le mie giornate? come lavoro da casa gestendo tutto insieme? quanto durerà questa situazione? quanto deve passare affinchè sia sicuro di non essere stato contagiato?

Nell’era dei millennial, dove tutto è social e veloce, la routine quotidiana è strutturata mirando all’ottimizzazione dei tempi e dei risultati, aspetto che allo stesso tempo rappresenta uno dei nodi principali delle difficoltà socio relazionali di questi tempi; ciò che infatti oggi è carente, è l’attenzione, alle cose, alle persone, ai dettagli.

Ci troviamo quindi in una situazione che ha causato un arresto forzato del tempo, facendo si che si passi dal non avere un minuto libero al giorno, al ritrovarsi con una quantità inaspettata di spazio per sé stessi, oltre che ribaltare completamente la concezione del socializzare, demonizzando il contatto sociale diretto perché possibile causa di pericolo per la propria incolumità e quella degli altri, obbligando quindi ad un’involuzione, che forza l’autocentramento. È quindi facile comprendere come, in un mondo ormai guidato dall’esternalizzare, questo possa portare a notevoli conflitti personali, considerando anche che la carenza di comunicazione non verbale danneggia la qualità della comunicazione.

Uno dei principali aspetti critici di questi anni è proprio la perdita di sé stessi in un mondo troppo frenetico e trascinante, dove l’introspezione e l’ascolto di sé non sono scontati ma devono essere sollecitati, per non perdersi nel vortice della quotidianità, dove occorre ricordarsi che siamo noi a muovere il mondo e non il mondo a muovere noi. Per questo ora molti si sentono disorientati e cedono alla paura non solo della pandemia diffusa, ma anche alla paura della solitudine e del confronto con sé stessi che si cela dietro di essa, amplificandola.

Un pensiero particolare va poi al personale sanitario, che viene direttamente a contatto con la traumaticità della malattia e delle sue conseguenze, sostenendo carichi di lavoro che spingono allo stremo delle forze e portando con sé ansie e paure che per alcuni sono talmente insostenibili da condurli a conseguenze gravi, tra le quali anche il suicidio.

In un momento di così grande difficoltà, bisogna cercare di restare positivi e sfruttare le risorse disponibili, considerando inoltre che abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca in cui vi sono mezzi di comunicazione che impediscono l’ isolamento completo, dove lo schermo di un pc, un tablet o uno smartphone può diventare una finestra sul mondo, non solo in senso negativo, permettendoci di mantenere un contatto con la realtà e con i nostri amici, parenti e conoscenti e perché no, anche di fare nuove conoscenze attraverso loro. Perciò, razionalizzando, non siamo comunque soli, anche se mancano la prossimità e la fisicità del contatto umano.

Bisogna però cercare di essere proattivi e, come sempre, di estrapolare il meglio da ciò che la vita ci porta ad affrontare, cercando di riorganizzare la propria quotidianità stabilendo compiti e ritmi prefissati come faremmo in circostanze normali, concentrandosi sul fatto che le limitazioni riguardano principalmente il luogo dove muoversi e non l’attività in sé e che, soprattutto, sono temporanee. Si può quindi cercare di riadattare le abitudini quotidiane, reinventandole sulla base degli strumenti a disposizione e reperibili, visto che le consegne a domicilio sono comunque disponibili, anche se con qualche limitazione.

Non bisogna poi esitare a utilizzare i mezzi di aiuto messi a disposizione proprio per fornire un sostegno psicologico a chi si trova in difficoltà, come le linee di ascolto per gli operatori sanitari o la possibilità di un primo colloquio gratuito che molti professionisti hanno concesso, proprio per far fronte all’emergenza psicologica che si è creata in conseguenza della pandemia e incoraggiare a chiedere aiuto, anche a distanza.

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